New cover for Cate Blanchett! She graces Vanity Fair Italy, on newsstand from tomorrow. The photoshoot it’s the same one she made for Harper’s Bazaar China (November 2013).
A snippet from the interview, where she talk about Cinderella, Lady Tremaine and her sons:
Cate Blanchett arriva sempre puntuale ed è sempre vestita benissimo. Oggi, a questo nostro appuntamento a Londra, indossa un completo pantalone Stella McCartney sul cui colore esatto («burro?» «limone pallido?») ci interroghiamo per qualche minuto e decidiamo per burro. Chiunque, vestito color burro, sembrerebbe un Post-It in libera uscita sotto la pioggia. Lei no.
Lei è Cate Blanchett. 45 anni, sposata con lo stesso uomo (Andrew Upton, regista e drammaturgo) dal ’97, ha tre figli ed è tra le migliori attrici viventi, capace di interpretare regine implacabili, professoresse scandalose e persino Bob Dylan. È una star che riserva l’energia per le scene madri al palcoscenico e al set. Per il resto, dimostra gran senso pratico. Per dire: due settimane fa, è arrivata sul red carpet degli Aacta, gli Oscar australiani, in autobus. Per viaggiare in piedi e non stropicciare il vestito in raso di seta. Per oltre due anni, non aveva girato un film e si era dedicata solo ai figli (tre maschi, 13, 10, 6 anni) e al teatro, con la compagnia che gestisce insieme al marito a Sydney. Poi, quando ne ha girato uno, si trattava di Blue Jasmine di Woody Allen e, con quello, ha vinto il suo secondo Oscar. Il primo lo vinse nel 2005 come non protagonista per The Aviator di Martin Scorsese per poi donarlo al museo di Melbourne, la sua città. Ma il secondo, per fortuna, lo tiene in salotto, come farebbe chiunque di noi.
Il 22 febbraio tornerà sul palco degli Oscar a consegnare, come vuole il rito, la statuetta al miglior attore protagonista premiato quest’anno. Durante quest’intervista io le ho pronosticato che lo consegnerà a Eddie Redmayne o a Michael Keaton. Per la cronaca, non ha battuto ciglio, quindi non so per chi possa fare il tifo. Intanto, parliamo di Cenerentola, che esce il 12 marzo. La regia è di Kenneth Branagh, l’eroina vestita di stracci è Lily James, la Lady Rose di Downton Abbey, Helena Bonham Carter è la fata Smemorina, Cate Blanchett è la cattiva matrigna, madre delle sguaiatissime sorellastre, che sono Sophie McShera, che viene anche lei da Downton Abbey, e Holliday Grainger che, invece, arriva dai Borgia. Il film è il calco esatto del cartoon disneyano del 1950, senza particolari revisionismi. Non è gotico come il Maleficent con Angelina Jolie e non si prende le libertà di Frozen rispetto alla fiaba originaria. Insomma, la zucca trasformata in carrozza torna a essere zucca a mezzanotte, la scarpetta di cristallo si perde durante la fuga dal palazzo e Cenerentola vola tra le braccia del principe e del lieto fine più longevo e copiato che ci sia. O, almeno, così ho pensato appena visto il film. Poi ho parlato con Cate Blanchett: la sua formidabile capacità di analisi fa sembrare un film della Disney un trattato di psicologia. Molto convincente, lo ammetto. Non si è Cate Blanchett a caso.
Ma può, oggi, Cenerentola essere ancora un modello e un’eroina?
«Guardi, ho letto diverse versioni della fiaba e, ogni volta, mi sono chiesta come Cenerentola potesse sopportare tutti quegli abusi. È schiavizzata e può fare ben poco, lo so, ma al tempo stesso mi viene sempre da pensare che dovrebbe ribellarsi, altro che sorridere. Detto questo, la chiave di lettura di Branagh è un’altra: la gentilezza e la bontà di Cenerentola sono i suoi superpoteri. Lei non riesce a capire perché gli altri siano cattivi e risponde con la lealtà verso gli altri domestici della casa, il pensiero sempre rivolto al rispetto della memoria del padre. Alla fine, credo che il messaggio sia molto nobile: non perdere la dignità e il rispetto per se stessi e, anche se gli altri si comportano in modo orribile, non abbassarsi mai al loro livello».
Come si spiega, invece, la cattiveria della matrigna?
«È una donna amareggiata e delusa, convinta che l’ascesa sociale dipenda dalla protezione e dal denaro di un uomo. Scavalcherebbe chiunque pur di dare alle sue figlie la possibilità che lei non ha più. Ma dentro è una donna che si disprezza, che odia ciò che si è permessa di diventare. E quando l’autostima è cosi in basso, o cambio esplodi. La matrigna esplode».
Lei ha tre figli maschi, forse saranno poco interessati a vedere Cenerentola.
«È quello che mi hanno detto mentre lo giravo. Poi, hanno visto il trailer e gli è piaciuto. Quindi, spero che si divertano anche loro».
Li porta spesso con sé, sui set o in teatro?
«Sì, anche se a loro vedermi in scena non piace. Non mi possono toccare, mi sentono distante. Però amano curiosare dietro le quinte. Mentre interpretavo Riccardo II, in uno spettacolo sulla Guerra delle due Rose, a Sydney, stavano sempre lì a giocare con il sangue finto che poi io mi dovevo mettere addosso nella scena finale».
Lei e suo marito pensate mai che, un giorno, i figli, cresciuti all’interno di questo ambiente, faranno il vostro stesso lavoro?
«Chi lo sa? Il maggiore è molto appassionato di cinema, gli piacciono tutti gli aspetti tecnici, ma io sono la persona meno adatta a fare proiezioni sui figli. Detesto i genitori ossessivi che spingono ed esaltano talenti che, a volte, sono solo loro a vedere».